Saper assumere il
silenzio come modalità di relazione con il mondo significa saper cogliere e
accogliere anche i ricordi, le tracce, saper dare ospitalità alla voce del
mondo che ci guarda, inoltrarsi in un tempo dilatato, aperto al rammemorare.
La “fotografia
del silenzio” non è quella che si limita a fotografare luoghi silenziosi o
affascinanti, ma quella che sa creare uno spazio di silenzio dentro di sé, un
intervallo dissonante che ferma, almeno per un attimo, i nostri pensieri abituali per aprirli verso un altrove.
Il silenzio, pur nella sua
apparente debolezza, delicatezza, può essere una forza, là dove ci
interroga, perché incrina le nostre certezze, perché ci inquieta, offrendosi
nel suo mistero e mostrandoci la
dimensione misteriosa nascosta nelle immagini e nella realtà stessa.
Gigliola Foschi (Le fotografie del silenzio. Forme inquiete del vedere, 2015)